CALVERA

É un borgo bianco immerso nel verde delle pendici del Monte Mancino, bianco come il nobile tartufo della sua terra. Calvera, l’antica Kalauras, in greco “bell’aria”, sorge in una posizione particolarmente suggestiva, che offre uno straordinario colpo d’occhio sulla Valle di Serrapotamo. I fitti boschi che circondano il comune nascondono una preziosa fonte di acqua sulfurea (Contrada Vallina) e un sottobosco ricco di tartufi e funghi porcini (Bosco Magrizzi e Cielagresti), che, insieme alla variegata flora, invogliano gli escursionisti e gli amanti della natura  a percorrere sentieri poco battuti e molto suggestivi, verso vedute panoramiche che aprono al Parco Nazionale del Pollino.

La prima traccia di Calvera risale al 1053, in una carta geografica greca, ma le sue origini  sono probabilmente legate ai monaci basiliani (IX-X sec.), cui si deve lo sviluppo rurale di molti centri abitati del territorio. I vicoli di Calvera sembrano custodire  gli usi, i costumi, gli odori e i sapori di un tempo lontano; passeggiando tra i palazzi nobili che impreziosiscono il piccolo centro storico (il Palazzo Mobilio, il Palazzo Mazzilli, il Palazzo De Nigris, il Palazzo Martinese) è possibile ritrovare le tracce di quelle famiglia che tra il 1700 e il 1800 erano ricche proprietarie terriere dell’area (i Donnaperna e i Sanseverino) e i segni della frana che nel 1875 distrusse gran parte dell’abitato e dell’antica Chiesa Madre dedicata alla Madonna del Carmelo.

Un bicchiere di vino rosso davanti ad un tramonto mozzafiato è il preludio migliore per una cena con i prodotti tipici di questa generosa e ospitale terra: da i  “maccarun cu fierr” (maccheroni con il ferro, conditi con MOLLICA E RAFANO, non cacio) , ai “raskatelli di miskiglio” ( con FARINA DI CECI E FAVE), da i “cavatelli e ceci” alla “pitt di grandinj” (prodotto “Pat”).

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