CHIESA SANTA CATERINA

L’attuale costruzione risale al 1632 ; davanti al suo portale arrivava l’antica strada consolare, la via Popilia, attraversando due delle porte della città presidiate dalle cappelle di S.Sebastiano e di S. Lucia. Nel Gennaio 1708 venne ristrutturata a causa di un terremoto. Sulla facciata principale il portale in pietra risalente al XVI sec., strutturato come la fronte del lato corto di un tempio greco, è costituito da due colonne con capitelli dorici che sorreggono la trabeazione, costituita dall’architrave e dal fregio suddiviso in metope e triglifi e terminante con il timpano triangolare, dove probabilmente erano raffigurati affreschi relativi all’immagine della santa titolare. Sul portone si apre un grande finestrone rettangolare uguale a quelli che si trovano nella parte posteriore. A destra del portale si apre un altro ingresso al di sopra del quale c’è un rosone e più in alto una finestra rettangolare.

L’ingresso che originariamente si apriva sulla sinistra è stato chiuso con la costruzione di un campanile, quasi sicuramente del 1807, che ha cambiato l’aspetto della facciata originaria. Il campanile è a pianta quadrata e si sviluppa su quattro livelli sovrastati da una struttura ottagonale e culminante con una cuspide piramidale. Sul secondo, terzo e quarto livello si aprono delle monofore, sulla facciata del terzo livello c’è un orologio che risale a fine ottocento, nelle monofore del quarto livello sono collocate tre belle e antiche campane di bronzo

Quando si entra in chiesa lo sguardo sale in alto, sull’arco maggiore allo stemma della chiesa parrocchiale e della santa alessandrina: la ruota dentata , la palma e la testa mozza. Un’iconografia “rara”: l’elemento della testa di re-filosofoche, potrebbe rappresentare il trionfo della sapienza cristiana di Caterina, la “pura”, sull’ignoranza pagana. Sul lato interno della facciata, il podio dell’organo adornato con motivi ornamentali che ricordano la M di Maria e dei motivi che potrebbero ricordare il monogramma di Cristo. Di grande pregio, l’organo del 1893, voluto e offerto da Mons. De Filpo, insigne benefattore della parrocchia, è sormontato da due angeli musicanti in cartapesta e un fregio dorato centrale; l’opera è della bottega napoletana di Tommaso e Pasquale Alvaro. Ai due lati, sulla parete, sono affrescati due stemmi, uno nobiliare ecclesiastico della famiglia dei Marino e l’altro del vescovo dell’epoca; eleganti le due acquasantiere in marmo. Nel presbiterio lo sguardo si porta sull’imponente altare maggiore policromo in stile barocco del ‘700, attribuito alla famosissima scuola dei Palmieri, gli studiosi ne riconoscono gli elementi ma, la data è stata, probabilmente, obliterata. Pregevoli sono i bassorilievi e gli intarsi in marmo con motivi floreali e cartigli, il tempietto de Sacramento, i due angeli scolpiti, la porticella del ciborio in argento dorato che rappresenta Gesù Redentore. 

L’impostazione della chiesa è seicentesca, si ritrovano ancora elementi in pietra come le due colonne che reggono il podio dell’organo alla sua entrata ma, l’opera rilevante all’ingresso è il battistero, cioè il fonte battesimale. Anticamente, prima della riforma del Concilio Vaticano II era situata all’ingresso, perché i bambini non battezzati non potevano entrare in chiesa, quindi i battisteri erano delle cappelline esterne come si usava nelle basiliche oppure erano situate appena dentro. Il fonte della chiesa madre è un pregiato lavoro di alabastro grigia locale con molteplici venature scolpito a fine ‘500, ma potrebbe risultare molto più antico. Poggia su un piano di marmo che sembrerebbe non adatto, dunque si potrebbe ipotizzare un sito liturgico basilicale. Il fonte ha una forma esagonale. L’esagono ha un significato particolare all’interno dei riti iniziatici del Cristianesimo.  Il fonte battesimale è generalmente ottagonale per richiamare il giorno della resurrezione, la domenica come ottavo giorno, che si proietta nell’eterno. Alcune fonti paleocristiani esagonali si trovano nella zona della Carnia e si possono datare tra il IV e il V sec.; vi sono fonti più recenti di epoca longobarda che hanno forma esagonale. Gli studiosi hanno classificato fonti esagonali solo a Siena. La spiegazione ci viene da Cirillo e Giovanni di Gerusalemme. In chiave cristologica è l’interpretazione in forma geometrica del monogramma di Gesù Cristo, monogramma composto dalle lettere I e X che sovrapposte danno la struttura interna dell’esagono, quindi il battezzando entrando e uscendo da tutti i sei lati della vasca percorreva idealmente il nome di Cristo. Ma la spiegazione potrebbe essere rimandata anche ad una cultura esoterica forse alchimista. Il piedistallo e la conca sono scolpiti con motivi a forma di foglia, la copertura si presenta a tre lastre ben visibili con angeli e motivi floreali e una cuspide sormontata da un globo; le bande di legno, anch’esse intarsiate, servivano per aprire la vasca e celebrare il battesimo: il basamento a forma triplice, come si usava nei secc. XV e XVI, è a zampa di leone, i cui lati mostrano delle figure demoniache nella parte inferiore: la vita e la salvezza con l’acqua battesimale nel registro superiore e il trionfo sul male e sul peccato ancora nel registro inferiore. Potremmo supporre che i motivi floreali a forma di giglio potrebbero essere il simbolo degli Angioini oppure un riferimento alla purezza battesimale. La vasca esagonale è tipica dell’antichissima Diocesi di Aquileia.

La chiesa parrocchiale poggia su dodici pilastri: ogni chiesa –edificio doveva rappresentare la chiesa comunità fondata su Cristo e i suoi apostoli, è a croce latina comprensiva dell’abside che forma la testa della croce, il soffitto è ad arcata, forse a botte, con finestroni che portano luce. La chiesa di Santa Caterina era una ricettizia. La ricettizia era un’antica organizzazione della Chiesa meridionale e in particolare della Basilicata, probabilmente nata, secondo gli studiosi, nel Medioevo. Era un’associazione di preti locali che gestivano patrimoni di famiglie gentilizie e benestanti o delle Università, cioè tutta la comunità. A sostegno di questa tesi è il coro della chiesa madre che serviva per i Vespri alla preghiera dei sacerdoti, oppure per le riunioni dei sacerdoti con l’arciprete e gli altri parroci e per le riunioni assembleari della parrocchia. Il coro ha un’imponenza rilevante con scranni in legno intarsiato con motivi ornamentali, la sede dell’arciprete ha un baldacchino decorato, si contano ventotto posti, ciò vuol dire che Viggianello aveva una Ricettizia importante, un ente morale posto sotto il patronato del comune o della famiglia che l’aveva fondata, officiata da un collegio di sacerdoti che si rinnovava per cooptazione e che svolgeva funzioni pastorali o di culto, inoltre era dotata di un patrimonio il cui reddito veniva ripartito tra i membri del collegio. Significativo fu il movimento dell’osservanza che, a partire dalla fine del secolo XIV riguardò ordini religiosi antichi (Benedettini, Agostiniani e Cistercensi) che sopperirono al potere ecclesiastico locale. Nell’abside sopra il coro c’è la nicchia centrale, che custodisce la statua lignea cinquecentesca di S. Caterina d’Alessandria. Recentemente restaurata la statua ha una postura elegante con colori e dorature tipiche dell’epoca, la spada nella mano destra, la corona aurea e la testa mozza ai suoi piedi che, nel restauro è stata posta al lato opposto alla spada. Una fanciulla fiera, sicura di sé con lo sguardo verso Dio, la sua figura richiama molto la S. Caterina di Raffaello. La sagrestia ha un’antica porta lignea scolpita. Al suo interno conserva un lavabo sacrario in pietra,dove i sacerdoti lavavano i lini del calice. L’acqua non poteva mai uscire fuori dalle mura della chiesa.

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