FARDELLA

La fondazione di Fardella è datata da alcuni storici tra il 1690 e il 1693. Il 5 ottobre 1690 alcuni cittadini di Teana, non potendo più sopportare le angherie del Marchese di Missanello, si posero sotto la protezione del Conte Carlo Maria Sanseverino, che accordò loro il permesso di edificare un borgo nel territorio di suo possesso, presso Chiaromonte, sul versante orientale della Carrosa; notizia questa avvalorata dalle leggenda tramandata oralmente, secondo cui il paese acquisì l’attuale denominazione per i “fardelli” portati dai fuggitivi che si accamparono non lontano dalle loro case presso una donna teanese, di nome “Fardella”, che, novella sposa, si sarebbe rifiutata di condividere la prima notte di nozze con il Marchese (eco dello ius primae noctis).

Alla nascita di Fardella contribuirono quasi certamente coloni di Chiaromonte, i quali per vivere e mantenere le proprie famiglie erano stati costretti a spargersi nel vasto territorio di Chiaromonte, lontano dall’abitato, dove avevano eretto  pagliai e piccole case.

Tutti concordano nel far derivare il nome dato al nuovo casale, dal nome di Anna Cecilia Catherina Serafina Maria Fardella, principessa di Paceco e Marchesa di San Lorenzo, che Carlo Maria Sanseverino aveva sposato nel 1665.

La storia di Fardella fin dal ‘700, nei pochi documenti del secolo a disposizione, è storia di galantuomini da un lato e di contadini dall’altro. I primi appartenevano alla nobiltà locale, fatta di ricche famiglie possidenti, da oltre una generazione con un membro che aveva completato gli studi di diritto o di teologia. Accanto a queste famiglie “gentilizie”, nel cui novero entravano a far parte i dottori ed i canonici, vi erano le famiglie dei “galantuomini”, cioè quelle di dottori fisici, notai, preti non addottorati in teologia, e dei proprietari che non conducevano direttamente i propri beni fondiari; poi le famiglie “civili”, ossia quelle dei maestri artigiani, dei proprietari di bottega e quelle dei mercanti.

Distinte erano ancora quelle dei medi e piccoli proprietari terrieri, quelle dei ricchi massari di campo, quelle degli artigiani senza bottega propria, e degli armigeri baronali ed infine, quella dei coltivatori della terra: massari, agricoltori, campagnoli, bracciali, valani.

I grandi eventi politici che caratterizzarono la vita della penisola italiana ebbero riflessi anche nel piccolo centro di Fardella. Nel 1799 alcuni abitanti promossero la costituzione della municipalità repubblicana eliminata con la repressione francese e nel 1808 divenne comune, la divisione amministrativa e municipale avvenne nel 1809. Nel 1819 contava 1004 abitanti.

Agli inizi del ‘900 anche il piccolo borgo subì un arresto economico e fu oggetto di una forte emigrazione soprattutto per le Americhe: nel 1911 gli abitanti calano a 1020.

Al già grave fenomeno dell’emigrazione si unirono le difficoltà dovute ai i due conflitti mondiali; furono anni duri poiché la guerra, seppur non vissuta direttamente, aumentò le già aspre difficoltà economiche, situazione evidente da alcuni motti dialettali, ricordati dagli anziani, contro Mussolini “Duce, duce, come ci hai ridotto, il giorno senza pane e la notte senza luce!”.

Nel periodo fascista, e precisamente nel 1928, per economia di spese, Fardella fu aggregata con Teana a Chiaromonte. Non mancavano, tra il popolo, i sostenitori del Fascio, qui furono fondati i Fasci di Combattimento e i Balilla.

Il paese riacquistò la sua autonomia solo nel dopoguerra, nel 1947. La storia del dopoguerra è, anche per Fardella, storia di ricostruzione e ancora di emigrazione, storia fatta di eventi terribili come il terremoto del 1980 che hanno profondamente trasformato l’aspetto originale del centro abitato; storia ancora viva negli occhi di questo popolo che, per oltre tre secoli e generazione dopo generazione, ha saputo mantenere l’attaccamento a questi splendidi luoghi, l’orgoglio per questo paese, come scrissero nel 1912 alcuni suoi emigrati, “diletta patria la quale è una delle cittadine più belle del lagonegrese”.

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