CHIESA DELL'ANNUNZIATA

La sua fondazione è legata a una  leggenda popolare,  Gaetano Arcieri  – 1852:  “……….la statua della Vergine antichissima, e di colore bruno. Riposa sopra di un tronco di  averno o orsano. Sussiste pia tradizione, cioè che nella osteria sita in prossimità della precitata cappella pervennero degli Schiavoni, i quali trasportavano la statua suddetta per venderla nelle Calabrie. 

Si trattennero colà per rifocillarsi, poggiandola sul tronco medesimo dell’averno. Allorchè riprender la vollero per continuare il viaggio, essa addivenne grave, e fu impossibile l’amuoverla. La popolazione accorse al prodigio. La statua si fece rimanere, e diessi tantosto di piglio alla fabbrica di piccola cappella, che poscia col girar dè lustri addivenne, com’è ora, decentissima”.  E ancora: ”Dippiù nella festività dè 25 marzo sentendosi da per se stesse suonare le campanelle poste in detta Cappella, si giudicò che la SS. Vergine voless’essere adorata col titolo dell’Annunciata, siccome si è lodevolmente praticato”. Sempre l’Arcieri  continua dicendo che “l’effigie è simile a quella della Schiavonia in Calabria”. La particolarità della chiesa, unita alla leggenda sulla sua fondazione, è la scultura di colore scuro sull’altare maggiore, una Madonna con Bambino,  polimaterica, modellata sul posto, del sec.XIV, che attesta un’ origine molto antica  del luogo di culto.  Il colore scuro è tipico della cultura e della tradizione bizantina, che vuole, come ultima dimora della Vergine, la città di Efeso, in Turchia.   Attualmente, a parte la datazione della statua della Vergine, la testimonianza più remota del monumento risale al 1595, in un atto che indica che  la medesima  è filiale della matrice”.   L’edificio sacro era  appunto di  piccole dimensioni, ma,  per ringraziamento da parte del popolo castelluccese, molto devoto alla Vergine dal colore bruno, per la fine del flagello della peste del 1656, si progetto’ di ampliarla e abbellirla riportandola a nuova vita, come conferma l’ iscrizione sulla parte superiore dell’altare maggiore. Il lavoro  comincio’ nel 1660,  e si protrasse  fino al 1804, in un lungo lasso di tempo.   L’ edificio è costituito da una sola navata, con coro, ed altari laterali decorati con magnifici stucchi della fine del Settecento/primi anni dell’Ottocento, così  come la volta.  Tra le opere di pregio, si segnalano:  un crocifisso ligneo del Seicento, una pregevole  scultura in legno, di Santa Lucia, del Settecento, citata  nello studio “Splendori del barocco defilato”, della professoressa Elisa Acanfora, un’altra di S. Antonio da Padova della stessa epoca, e la scenografica e magnifica bussola della controporta, con la cantoria e l’organo,   in legno intagliato e dipinto. Le ante della controporta, che furono compiute insieme alla cantoria nel 1797, come enuncia l’iscrizione,  sul cornicione, mostrano otto dipinti su tavola:  quattro sono vasi di fiori variopinti – gli altri,  la  Vergine Annunciata  – l’Arcangelo Gabriele –  S.Biagio (protettore della Diocesi di Cassano)    e S.Nicola  (protettore del paese). L’organo  è custodito da due ante ricoperte da  due tele per ogni lato.  All’esterno vediamo S. Michele Arcangelo e l’Angelo Custode, all’interno si ripete il tema dell’Annunciazione con  l’Arcangelo Gabriele e la Vergine Annunciata. L’organo fu realizzato con il contributo dei fedeli e con  la vendita di una vigna in contrada  San Michele, effettuata  dal procuratore –  D. Federico Arcieri, con atto del Notaio Francescantonio Lista,   del 13 aprile 1683, la cantoria e le ante della controporta sono di epoca posteriore, come abbiamo visto.  Tutti i dipinti e le decorazioni di questo pregevole manufatto, sono attribuiti al pittore  Genesio Galtieri da Mormanno, figlio di Angelo,  l’autore degli affreschi della navata centrale di San Nicola di Myra. Nella chiesa vi sono quattro altari per ogni lato, di cui quello del Salvatore, oggi di S.Antonio, era di patronato di D. Achille Tripani, come da dotazione del 10 dicembre 1647, e quello della Purità,  di patronato della famiglia Aiello, come da testamento del 9 settembre 1653, del notaio Giulio Salerno.  L’altare centrale è un   commesso marmoreo, rifacimento della fine dell’Ottocento/inizi del Novecento, che forse sostituisce un precedente altare in muratura. Dalle iscrizioni si desume sia stato realizzato, almeno nella parte inferiore, con il contributo della famiglia del giurista Sante Roberti, il  cui palazzo è adiacente alla chiesa. La facciata e il portale d’ingresso risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, mentre la  cuspide del campanile, ricoperta da piastrelle di ceramica colorata,  ricorda i caratteri tipici delle costruzioni bizantine.La Madonna Nera, come si è già detto, è ritenuta dai castelluccesi,  con  San Nicola e con l’ Addolorata,   protettrice del paese, che come vuole la tradizione, fu  da Lei  preservato anche durante l’epidemia di colera del 1836.

Testi – Giuseppe Pitillo

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